L'irresponsabilità impunita di Filippo con Naditza in Mare Fuori (prima parte)
Vi propongo un'analisi di alcune narrazioni che ritengo problematiche nella relazione tra due protagonisti della popolare serie televisiva prodotta dalla Rai
Content warning, di quelli non brutti:
1. Fino al 21 marzo — primo giorno di primavera! — gli abbonamenti (volontari) ad Anche una donna qui saranno scontati del 20%
2. La riflessione sulla relazione tra Filippo e Naditza contiene spoiler sulla seconda stagione di Mare Fuori
Aggiornamenti logistici
Sono rientrata negli Stati Uniti da due settimane dopo un prolungato soggiorno italiano di due mesi e mezzo, il periodo più lungo che ho passato in Italia da quando mi sono trasferita qui in pianta stabile a fine estate 2015. Ora che mi sono riequilibrata nel mio spazio americano, intendo portare avanti seriamente la pratica della scrittura, continuando a muovermi verso una realtà professionale che intorno a essa è centrata.
Sto lavorando a due progetti principali: il primo è la scrittura del libro che racconta le mie conversazioni in giro per l’Italia di cui parlo qui, qui e qui e a partire da esse sviluppa una riflessione su cosa potremmo fare, come collettività, per trovare la strada verso una coscienza sulla libertà della donna nel nostro paese.
Il secondo è questa newsletter. Sento forte la spinta e l’ispirazione a far crescere la mia impronta su Substack, dove posso scrivere più frequentemente e più a breve termine di quanto mi permetta la stesura di un libro. Ho passato un po’ di tempo a ripulire e riordinare per bene questo spazio, dalla pagina Informazioni alle email automatiche che vengono inviate agli iscritti (la localizzazione di Substack in italiano rimane in versione beta ed è piena di errori e imprecisioni, ma quello ahimè dipende da loro, non dalla sottoscritta1).
Non sono ancora nelle condizioni di garantire una cadenza di pubblicazione specifica — sto imparando, a spese della mia salute mentale, che in momenti di transizione professionale come quello che sto attraversando è prudente non fare promesse se non si è ancora sicuri di poterle mantenerle — ma ambisco a pubblicare circa un nuovo pezzo a settimana.
Nell’ottica di far crescere Anche una donna qui, la newsletter rimane fruibile gratuitamente, ma è possibile iscriversi anche con un piccolo abbonamento mensile (5€) o annuale (50€). Riconosco che devo ancora conquistare la fiducia di chi mi legge senza conoscermi prima di sollecitare contributi attivamente. Mi impegno a lavorare seriamente, con umiltà e costanza per guadagnarmela.
È altresì vero che, come diceva recentemente
nella sua newsletter , scrivere questi pezzi richiede tanto tempo e per scrittori indipendenti come noi è vero e proprio lavoro. Non solo: è lavoro femminile. E sappiamo bene che non solo il lavoro di una donna è remunerato poco, male e in ogni caso in maniera inferiore rispetto a quello di un uomo — uno studio del 2022 rivela un divario del 20% tra gli stipendi di uomini e donne in possesso di laurea — ma anche che noi donne facciamo spesso fatica a chiedere un’onesta remunerazione per il nostro lavoro.Vorrei quindi iniziare sin da ora una riflessione sull’importanza di retribuire giovani scrittrici italiane per permettere loro di crescere in maniera sostenibile.
Il che non significa che ti stia spingendo a sottoscrivere un abbonamento a pagamento, perché comprendo benissimo se hai bisogno di più tempo per decidere o non ne hai la disponibilità economica. Semplicemente, se leggi Anche una donna qui regolarmente, vi trovi contenuti e riflessioni interessanti e ne hai la possibilità economica, ti invito a prendere in considerazione questa possibilità. Come incentivo ho attivato uno sconto del 20% fino al primo giorno di primavera, il 21 marzo: 4€ al mese oppure 40€ all’anno per il primo anno. Clicca qui per riscattarlo!
Narrazioni maschili problematiche
Passiamo ora alle narrazioni maschili problematiche che emergono nella relazione tra Filippo e Naditza in Mare Fuori, la serie televisiva di Rai Fiction amata dalle giovani generazioni italiane e pure dalla sottoscritta, nonostante su questo carrozzone sia salita solo di recente, dopo quattro anni dalla prima stagione.
Come da avvertimento in incipit, da qui in poi il testo contiene spoiler sulla serie e in particolare sulla seconda stagione. Ergo non leggete se non volete spoiler. Preciso inoltre che ho appena iniziato la terza stagione e non ho idea di come il rapporto tra Filippo e Naditza continuerà a evolversi. Ma gli aspetti di problematicità che ho osservato durante la seconda stagione rimangono veri a prescindere da qualsiasi sviluppo nelle stagioni successive.
Per non tediarvi con uno scritto troppo lungo, lo dividerò in due parti. La prima è questa, la seconda vi arriverà tra qualche giorno.
Ovviamente, la relazione d’amore tra Naditza e Filippo è fittizia. Ma è altrettanto vero che quando una serie televisiva è basata sul mondo reale (un carcere minorile di Napoli e non, che so, una comunità di alieni su Marte) non esiste dicotomia tra realtà e rappresentazione di essa. La dicotomia non esiste “in entrata”, nel senso che gli autori della serie descrivono vissuti, comportamenti, opinioni osservabili ed esperibili nella realtà; e non esiste “in uscita”, nel modo in cui questa descrizione della realtà influenza l’immaginario degli spettatori e ha la capacità di ispirare in loro azioni e decisioni che, a loro volta, manipolano la realtà nella direzione rappresentata sullo schermo.
In parole povere, i comportamenti problematici di Filippo esistono anche nella realtà e in essa rischiano di moltiplicarsi, nella misura in cui la loro rappresentazione sul piccolo schermo può influenzare la mentalità dei giovani spettatori di Mare Fuori.
Cercando [filippo e naditza] su YouTube si trovano migliaia di video pieni di cuoricini. Cercando invece una combinazione di parole chiave tipo [filippo naditza problemi relazione], come ho fatto prima di scrivere questo pezzo perché speravo che qualcuno si fosse già espresso in merito, non si trova assolutamente niente.
Veniamo al dunque: i comportamenti, le azioni, le decisioni di Filippo nella relazione con Naditza restituiscono l’immagine di un giovane uomo privilegiato incapace di prendersi le proprie responsabilità nei confronti della compagna, incapace di accettare la prospettiva di un rifiuto e, soprattutto, incline a forme di mistificazione della realtà e vera e propria violenza psicologica per spostare sulla compagna l’onere dell’andamento della relazione.
Non importa che la stagione si concluda con la fuitina dei due giovani, visibilmente innamorati l’uno dell’altra. Non importa che alla fine, nonostante la sofferenza che la relazione con Filippo le ha causato, Naditza scelga di stare con lui perché la strada alternativa — un matrimonio combinato nella sua comunità rom, interrotto da un Filippo evaso apposta dal carcere — non corrispondeva al desiderio del suo cuore. Non importa neanche che Naditza fosse innamorata di Filippo anche quando, dopo una serie di delusioni, aveva deciso di allontanarsi da lui.
Il problema è in tutto ciò che avviene in mezzo, nel modo in cui Filippo scarica sempre su Naditza la responsabilità dell’andamento della relazione benché il casus belli sia sempre da ascrivere alle scelte che lui ha compiuto. Il problema è che l’ambiente intorno a lui lo sostiene e lo incoraggia, riducendo la volubilità della relazione alla testardaggine e impulsività di una troppo esuberante Naditza. Il problema è la superficialità con cui viene narrata la contrapposizione tra una giovane donna del Sud Italia di origini umili, appartenente a una comunità storicamente discriminata e disprezzata, a un giovane rampollo del Nord Italia bianco, ricco e privilegiato che non ha mai dovuto rinunciare a nulla, e appunto per questo non riesce ad accettare che Naditza possa scegliere di non stare con lui.
Il problema è anche la narrazione di questa dinamica sullo schermo, tale per cui per gli spettatori è più facile provare pena per Filippo, l’uomo, che comprensione per Naditza, la donna.
Vediamo nel dettaglio.
Filippo è un adolescente della Milano bene, Naditza una giovane rom di Napoli. Entrambi bellissimi, si innamorano mentre scontano un periodo di detenzione nell’Istituto Penale Minorile (IPM) di Napoli.
Nella seconda stagione, Filippo chiede un trasferimento all’IPM di Milano per riavvicinarsi a casa. “Mi mancherà tutto questo”, è il modo molto indiretto con cui qualche giorno dopo aver preso questa decisione (non prima!) la rivela sottilmente a Naditza, lasciando a lei l’onere di inferire il significato di questa frase. “E me lo dici così?” replica lei, sbalordita. Lui minimizza, assicurandole che il trasferimento non sarà un ostacolo alla relazione. Naditza è scettica e ricorda a Filippo quanto un rapporto tra un “chiattillo” del nord (che in napoletano significa figlio di papà ed è il soprannome di cella di Filippo) e una ragazza rom del sud oltrepassi i confini di ciò che è ritenuto possibile.
“Sei ancora arrabbiata?” domanda Filippo a Naditza in una scena successiva, come se il processo di chiarimento e di discussione della relazione in un momento di grande cambiamento spettasse solo a lei, dovesse avere luogo solo nella testa di lei e, soprattutto, come se l’arrabbiatura di Naditza fosse l’ennesimo capriccio di creazione di una ragazza volatile, lunatica. Filippo propone di chiedere il trasferimento anche per Naditza. “Davvero faresti questo per me?”, chiede lei, speranzosa. “Farei questo e anche di più”, assicura Filippo, in quel classico tipo di promessa all’infinito che si fanno gli adolescenti innamorati prima di scontrarsi con la vita adulta. Non solo: questa è anche la promessa di un ragazzo che, fino all’entrata in carcere, ha sempre e solo conosciuto privilegio, abbondanza e spazio di manovra pressoché illimitato.
Naditza è la prima a partire per Milano, Filippo deve raggiungerla qualche giorno dopo. Ma uscendo dal carcere, Filippo si rende conto di non poter lasciare solo l’amico e compagno di cella Carmine, che sta passando un brutto periodo dopo che la moglie è stata uccisa in un efferato regolamento di conti. “Io resto qui”, dice alla madre che è venuta a prenderlo. La nobiltà che Filippo dimostra in amicizia non viene però estesa alla relazione affettiva con la fidanzata che lo aspetta a Milano. È Anita, la sorella di Filippo, a informare Naditza che lui non la raggiungerà:
Anita: [Filippo] non se la sentiva di lasciare Carmine da solo.
Naditza: Lo sapevo che non m’avé ‘a fidà. […] Sono stata scema io, a credere che uno come isso potesse stare con una come me.
Anita: Non è così. Lui è innamorato di te.
Naditza: Però ha scelto a Carmine.
Questa svolta nella trama è narrata secondo i canoni della grande epica maschile. Per l’amico Carmine, Filippo ha compiuto il sacrificio ultimo: ha rinunciato a rientrare nella familiare, accogliente, confortevole Milano e a ricongiungersi con i suoi cari e la sua amata, scegliendo sua sponte di rimanere nel disagio della straniera, violenta, ostile Napoli per amore di un amico in difficoltà.
Mare Fuori pone molta enfasi sulla profondità che si può creare in un rapporto tra uomini — tra compagni di cella, tra comandanti e carcerati — e sull’effetto trasformativo che un rapporto di questo tipo può avere sugli uomini coinvolti. La crescita interiore dei personaggi maschili è un tema centrale della serie2, e non fraintendetemi: è una cosa bellissima! Essenziale! Necessaria! Così come è meraviglioso quello che Filippo fa per Carmine! Il problema è quando l’intesa maschile viene raccontata come più valevole e degna di encomio della responsabilità nei confronti della propria partner. Implicita in questa narrazione non è solo l’idea che un certo tipo di profondità relazionale possa configurarsi principalmente tra uomini, ma anche la convinzione che il sentimento e l’interiorità maschile facciano capo a valori più seri e più profondi della passione che si crea tra un uomo e una donna.
Ricorre spesso, in letteratura, nel cinema, alla televisione, questa contrapposizione tra il personaggio maschile impegnato in faccende, ambizioni, obiettivi più seri del personaggio femminile, che invece perde tempo in chiacchiere e mondanità mentre si mette lo smalto sulle unghie con la cornetta del telefono incastrata tra l’orecchio e la spalla.
Questo immaginario emerge anche nel racconto della tensione che si crea tra Naditza e Filippo dopo il mancato trasferimento a Milano. La delusione e le rimostranze di Naditza nei confronti di Filippo sono ritratte come capricci. Donna testarda, impulsiva, irrazionale, nel prendersela con Filippo per essere rimasto a Napoli Naditza sta sfidando la sacralità dell’epica maschile. Come può pensare di competere, pronunciando frasi bambine come “però ha scelto a Carmine”? Come si permette di mettere in discussione il sacrificio di Filippo per l’amico vedovo? Come fa a non capire che Filippo la ama ancora e vuole ancora stare con lei?
Per una donna, è ovvio: perché Filippo si è fatto di fumo. Perché nascondendosi da Naditza prima, durante, dopo la decisione di rimanere con Carmine, ha mancato di rispetto al loro rapporto. Non importa che nel frattempo Filippo sia stato un ottimo amico: la nobiltà del gesto nei confronti di Carmine non deve in nessun caso oscurare l’omissione nei confronti di Naditza. Eppure è così che questa storia ci viene raccontata, così che gli spettatori non possono che provare pena per il povero Filippo e risentimento per la donna irragionevole di cui si è innamorato:
Non è cosi, lui è innamorato di te, dice Anita a Naditza.
Filippo ti vuole bene, ma bene veramente, rincara la dose Carmine in una scena in cui ancora una volta traspare il messaggio che sia Naditza quella incapace di ragionare e in cui ancora una volta si incoraggia impunità per l’irresponsabilità di Filippo, rendendo Naditza vittima di forme, anche sottili, di violenza psicologica.
Chiariamoci subito: può anche essere vero che Filippo voglia veramente bene a Naditza, e nessuno qui sta dicendo che avrebbe dovuto scegliere lei invece di Carmine. Ma non è questo il punto. Il punto è che la scelta tra Naditza e Carmine non esiste. Filippo avrebbe potuto scegliere sia Naditza che Carmine, se avesse discusso con Naditza la scelta di dare per un momento la priorità a Carmine.
È questo il comportamento sano, all’interno di una relazione sana, che va modellato per i nostri giovani cosicché anche loro possano portare avanti relazioni sane basate su forme sane di comunicazione tra partner. Ritengo importante analizzare queste dinamiche perché decostruirle in maniera critica può fare la differenza tra responsabilità e colpa per un uomo, e vita e morte per una donna.
Per ora mi fermo qui. Nella seconda parte, che invierò i prossimi giorni, vedremo più da vicino l’incapacità di Filippo di accettare un no mettendo in atto forme di manipolazione e violenza psicologica. Intanto vi invito a usare lo spazio dei commenti per una discussione sull’argomento di questo post.
Grazie per avermi letta, e vi ricordo che qui trovate uno sconto del 20% sugli abbonamenti sottoscritti entro il 21 marzo. A presto!
Ho comunque inviato una segnalazione. Dovete sapere che oltre alla scrittura e al giornalismo ho anche studiato e lavorato nel campo delle lingue, dalle lauree triennale e magistrale presso la Scuola Superiore di Lingue Moderne per Interpreti e Traduttori di Bologna, a tanti incarichi come traduttrice freelance. Dato il mio background, nel team di News a Google dove ho lavorato per molti anni mi sono spesso occupata di localizzazione — che è il processo di adattamento di un contenuto a un mercato straniero da quello in cui è stato prodotto — dei prodotti di notizie e di funzionalità per la traduzione delle notizie stesse. Ora, oltre a scrivere, faccio anche un lavoro freelance di revisione della localizzazione di software e prodotti per diverse aziende tecnologiche.
Non si può dire lo stesso dei rapporti femminili, nonostante personaggi come la direttrice dell’IPM e Naditza stessa siano candidati eccellenti per scendere un po’ più in profondità.